Con molto piacere ed entusiasmo il prossimo 17 maggio a Milano parteciperemo all’iniziativa promossa da Assoetica dal titolo: “L’Etica Incarnata”, perché, pur non essendo manager, “non ci arrendiamo al cinismo, al quieto vivere, all’arroganza”, ma crediamo nell’etica nel lavoro.
Nel corso dell’incontro ascolteremo voci differenti tra loro, accomunate da un filo comune. Ascolteremo esperienze di come ognuno dei partecipanti declina l’etica “incarnata” nel proprio lavoro. Anche noi, come Francesco Varanini, riteniamo che “non servono astratti principi, serve un’etica vissuta nella pratica quotidiana, messa in pratica nonostante i vincoli, nonostante le difficoltà ed i limitati spazi concessi all’azione personale”.
Quando all’interno di una organizzazione viene affidato un progetto, in quel momento ne viene data la responsabilità. Andando alla radice della parola, essa deriva dal latino respondere, rispondere. Respons – abilità è l’abilità di dare risposte. Pertanto, l’affidamento del progetto citato, presuppone che chi ce lo ha affidato, ritiene che noi abbiamo esperienze, preparazione e capacità per portarlo a termine. Noi riteniamo a nostra volta di possedere le caratteristiche adatte per portare a compimento l’incarico affidatoci. E, oltre a queste, la nostra capacità di immaginare un futuro e andare verso l’ignoto, perché non sappiamo se porteremo a termine le consegne e le attività nei tempi e nei modi previsti.
Un progetto ha un obiettivo che poi diventerà risultato nel momento in cui avremo posto in essere una serie di azioni funzionali al suo raggiungimento. L’essenza stessa di un obiettivo presuppone la possibilità di un esito negativo. E l’esito negativo rappresenta un momento di misura per la nostra autostima e l’immagine che abbiamo di noi stessi.
La responsabilità, come l’etica incarnata, è legata all’agire, e a quello che si genera come conseguenza con la propria azione.