Responsabilità sociale d’impresa e diritti dei lavoratori alla luce delle dichiarazioni dell’AD dell’ENEL, Francesco Starace. Di Davide Franceschiello*

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Il nostro Governo si dice impegnato in percorsi di sostegno e promozione della RSI, Responsabilità Sociale d’Impresa, ha sviluppato un Piano d’azione nazionale sulla RSI convergente con il quadro delle Nazioni Unite sui diritti umani, con l’ILO sotto il profilo della tutela dei diritti dei lavoratori, con l’OCSE per la condotta responsabile delle imprese e poi non batte ciglio sulle dichiarazioni dell’AD dell’ENEL, tale Francesco Starace. Ma quello che fa più scalpore è il contesto in cui sono state fatte queste dichiarazioni, ossia rispondendo a domande di giovani studenti dell’Università LUISS di Roma. Bisogna riportare l’intero stralcio per approfondire il significato intrinseco delle parole pronunciate dall’AD. Alla domanda di uno studente, sul come si fa a cambiare un’organizzazione come ENEL, Starace risponde: “vanno individuati i gangli di controllo dell’organizzazione che si vuole cambiare e bisogna distruggere, DISTRUGGERE FISICAMENTE, questi centri di potere, per farlo ci vogliono i cambiatori che vanno infilati lì dentro, dando ad essi una visibilità sproporzionata rispetto al loro status aziendale, creando malessere all’interno ei gangli che si vogliono distruggere. Appena questo malessere diventa sufficientemente manifesto, si COLPISCONO le persone opposte al cambiamento e questa cosa va fatta nel modo più plateale e manifesto possibile, sicché da inspirare PAURA o esempi positivi nel resto dell’organizzazione. Questa cosa va fatta velocemente con decisione e SENZA NESSUNA REQUIE e dopo alcuni mesi l’organizzazione capisce perché alla gente NON PIACE SOFFRIRE. Il tutto dietro gli applausi servili e convinti degli astanti. La qualcosa non fa tanto scalpore nel merito, conosciamo benissimo come si comportano determinate aziende, metodologia perfettamente esplicitata nel film “Mi piace lavorare” di Francesca Comencini, con una superba interpretazione di Nicoletta Braschi, e che vi invito a vedere https://youtu.be/F_-zE1dQsso , ma inorridisce l’arroganza e l’ostentazione del metodo, addirittura proposto in un format dal titolo “AD esempio” parafrasando l’AD di amministratore delegato. Mi domando e vi domando è veramente questo l’ESEMPIO di cui hanno bisogno i giovani rampanti futuri manager italiani, tra l’altro uno di questi, nel presentare lo Starace dice, compiacendo molto l’ospite, “…porterà ottimismo nei ragazzi che studiano per diventare come lei” !!! Dopo l’abolizione dell’art. 18, effettuato per i lavoratori che in azienda ci sono e ci resteranno e non per quelli da assumere o da licenziare, l’equilibrio dei poteri si è spostato nettamente dalla parte del datore di lavoro, del capo, come lo stesso Starace dice sghignazzando sotto i baffi che non ha, avendo questi in mano il potere di licenziare. Questa è una delle norme che sta facendo inviperire la Francia e il Belgio e che in Italia sono state accettate en passant, quindi siamo ben consci della situazione, ma, ripetiamo, quello che fa scalpore è che non c’è alcun pudore manifesto nelle parole dello Starace che non si differenziano affatto da quelle di Hitler rivolte ai tedeschi: “Nei centri del mio nuovo Ordine verrà allevata una gioventù che spaventerà il mondo ….; Il gioco della guerra consiste nella distruzione fisica dell’avversario….; Troverò qualche spiegazione per lo scoppio della guerra. Non importa se plausibile o no; E’ giusto invece che certi individui e certe razze – quelli superiori – si impongano sugli altri e li costringano a obbedire; “Il terrore è lo strumento politico più efficace. E’ mio dovere usare ogni mezzo per addestrare il popolo tedesco alla crudeltà..; Chiunque è così codardo da non sopportare il pensiero che qualcuno che gli è vicino debba soffrire, farebbe meglio ad entrare in un’associazione di sartine; “Chiudete dunque il cuore alla pietà! Agite brutalmente! Il più forte ha ragione. Siate duri senza scrupoli! Siate sordi ad ogni moto di compassione! La terminologia è identica: l’uso strategico di parole come distruzione (ripetuta due volte per dare ancor più forza alla stessa) fisica dei centri di potere (nella atavica lotta del proletariato contro i padroni); l’uso del verbo colpire nel rapportarsi alle persone che si oppongono al cambiamento; un’azione plateale e manifesta così come le rappresaglie delle SS per incutere paura e terrore, nella medesima accezione usata dal dittatore; azione veloce e decisa come la guerra lampo, e senza alcuna requie, ossia senza scrupoli e compassione, con crudeltà per generare sofferenza, tale e tanta da non poter essere sopportata, come nei lager nazisti; per finire con l’addestramento delle nuove generazioni così come nella lezione tenuta alla LUISS. Insomma ce ne sarebbe tanto da invocare il Tribunale internazionale dei crimini contro l’umanità, ma purtroppo in Italia il MOBBING (nella formula elaborata dalla Commissione europea: situazione in cui la persona viene maltrattata o assalita in circostanze legate al lavoro, scaturendone un’esplicita o implicita minaccia alla sua sicurezza e alla sua salute”) al contrario dei paesi scandinavi e anglosassoni (Bullyng at work), in Francia, Austria, non ha ancora ricevuto però una specifica attenzione legislativa anche se sono presenti nelle disposizioni in vigore strumenti legislativi idonei a garantire la difesa della salute fisica e psicologica dei lavoratori: come l’art. 32 e 97 della Costituzione (quest’ultimo in diretto riferimento all’art. 323 c.p. per abuso di ufficio) l’art. 2087 del codice civile, il DL 81/2008 e soprattutto la Legge 20 maggio 1970, n. 300 (Statuto dei lavoratori), quella in cui era contenuto l’art.18 sopra citato, la quale, tra le varie disposizioni, salvaguarda il diritto del dipendente alla salute e dell’integrità fisica (art. 9), impedisce che allo stesso possano essere date mansioni di livello professionale inferiore a quello d’inquadramento (art. 13), e prescrive il divieto di atti discriminatori per motivi politici o religiosi (art. 15). Fermo restando che, visti i tempi, non si possano abrogare anche questi articoli, per quanto attiene, invece, la tutela e la responsabilità penale, il mobbing non ha una specifica collocazione nel diritto quale autonoma e precipua fattispecie criminosa, dal momento che la legislazione vigente non prevede alcuna ipotesi di reato a carico del datore di lavoro per le condotte di vessazione morale e di dequalificazione professionale da questi tenute nell’ambiente di lavoro in danno del lavoratore. Di conseguenza, la condotta costituente mobbing viene fatta rientrare, di volta in volta, in fattispecie diverse, che, tuttavia, non sempre sembrano adeguate a disciplinare appieno il fenomeno. Allora potrebbe essere questa l’occasione per aprire un dibattito culturale, serio e produttivo sulla responsabilità sociale d’impresa e sulla effettiva applicazione nel nostro Paese.

*Davide Franceschiello, Sociologo, Pubblicista, Segretario dell’APS ResponsabItaly, componente dell’Associazione Sociologi Italiani.

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